(Fonte: Altalex Massimario 14/2007)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE V PENALE
Sentenza 23 marzo – 12 luglio 2007, n. 27350
(Presidente Pizzuti – Relatore Scalera)
Osserva
M. R., cittadino albanese, ricorre tramite il suo difensore avverso l’ordinanza con cui la Corte di Appello di Torino, in data 20.2.2006, aveva dichiarato inammissibile, perché formulata da difensore sprovvisto di procura speciale, la richiesta, proposta ai sensi dell’art. 175 secondo comma c.p.p., di restituzione nei termini per impugnare la sentenza pronunciata a suo carico in sua contumacia dal Tribunale di Tortona il 10 marzo 2004.
Rilevava la corte territoriale che il decreto legge 21.2.2005 n. 17 (poi convertito con L. 22.4.2005 n. 60) aveva modificato il secondo comma dell’art. 175 c.p.p. introducendo nel testo l’espressione “a sua richiesta”, di modo che ne è risultato il dettato attuale della norma, secondo il quale «Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l’imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento o abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l’autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica».
La Corte di Torino, premesso che il testo novellato della norma ha costituito «uno speciale diritto di attivare la procedura di restituzione in termini» attiene alla sfera soggettiva dell’imputato, aggiungeva poi che il suo esercizio sarebbe riservato esclusivamente e personalmente a lui e non anche al difensore privo di procura speciale.
Deduce il ricorrente tre motivi di impugnazione:
1) inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, attesa l’interpretazione fatta dalla corte territoriale dell’art. 175;
2) manifesta illogicità della motivazione, che non aveva considerato come il cittadino straniero giudicato in contumacia, che di regola non conosce le norme processuali italiane, non può che far ricorso ad un difensore, affidandogli senza altra formalità all’infuori di una nomina fiduciaria, l’esercizio di ogni facoltà processuale;
3) manifesta erroneità della declaratoria di inammissibilità, indifferente al favore che la legge a suo avviso accorda alla parte ricorrente, che invoca il beneficio sostanziale di poter impugnare una sentenza di cui non aveva avuto notizia.
Il ricorso è fondato.
Infatti l’ordinanza impugnata incorre in contraddizione, quando per un verso correttamente riconosce che il secondo comma dell’art. 175 c.p.p., come novellato, delinea ipotesi autonoma rispetto a quella prevista dal primo comma, ed è intesa a porre riparo a tutti i casi di mancata effettiva conoscenza – salve le ipotesi di dolo – da parte dell’imputato, della sentenza pronunciata in sua contumacia, costituendo così il diritto dell’imputato condannato in contumacia a conseguire la restituzione nei termini per impugnare (Cass. Sez. I 7.12.06 n. 41711; Sez. V 13.4.05 n. 19363; Sez. V 10.5.06 n. 2031), diritto fondato su una presunzione di non conoscenza della sentenza, che può essere vinta dall’Autorità Giudiziaria, cui è stato posto l’onere di compiere “ogni necessaria verifica” (Cass. Sez. I 12.7.06 n. 32678); per l’altro frappone all’effettività della tutela ostacoli di carattere formale, desunti da inadeguata interpretazione della norma, che rendono arduo o quanto meno poco agevole l’esercizio del diritto giungendo a dichiarare l’inammissibilità della richiesta, senza delibarne il merito.
È necessario allora verificare se l’interpretazione del secondo comma dell’art. 175 c.p.p. proposta dalla corte di Torino può essere condivisa.
Così non è.
Infatti il solo inserimento nel testo della norma dell’espressione “a sua richiesta” non è sufficiente ad imporre l’implicazione che la corte territoriale ha tratto, innanzitutto per la considerazione che la suddetta espressione testuale non costituisce una novità rispetto al testo previgente, che a sua volta prevedeva che la restituzione nel termine per proporre impugnazione potesse essere chiesta anche dall’imputato «che provi di non aver avuto effettiva conoscenza...»; è evidente che laddove la norma prevedeva che la restituzione in termini poteva essere chiesta dall’imputato, esprimeva esattamente lo stesso concetto che esprime il nuovo testo, che parla invece di “a sua (dell’imputato cioè) richiesta”.
Va poi considerato che il nuovo dettato della norma del postulare, come il vecchio testo, che la remissione in termini debba essere espressamente richiesta dall’imputato, intende solo chiarire che non si può ritenere implicitamente avanzata la richiesta di remissione in termini con la mera proposizione di una impugnazione tardiva.
Pertanto già dall’espressione testuale “a sua richiesta” non si può trarre la prescrizione dell’obbligo per l’imputato di proporre l’istanza personalmente o tramite procuratore speciale, opinandosi così che il mero difensore non sarebbe legittimato.
Deve peraltro aggiungersi che tutte le volte in cui delle attività processuali debbano essere poste in essere direttamente dall’interessato o da un procuratore speciale, la norma processuale ciò prescrive espressamente, come può rilevarsi dal dettato degli artt. 46, 76, 82, 84, 85, 122, 141, 333, 336, 419 co. 5°, 446, 571 co. 1° (ma si veda anche il comma 3°), 589 co. 2° 633, 645 etc..
Infine, dal combinato disposto degli artt. 96 e 99 c.p.p. si evince che la nomina del difensore di fiducia non è soggetta a forme vincolate e che al predetto competono le facoltà ed i diritti che la legge riconosce all’imputato, «a meno che essi siano riservati personalmente a quest’ultimo» (art. 99/1 c.p.p.).
Deve allora concludersi che la regola generale del sistema prevede che le facoltà ed i diritti riconosciuti all’imputato possono essere esercitate dal difensore di fiducia, salvo che il loro esercizio non sia specificamente ed espressamente riservato all’imputato.
Del resto il secondo comma dell’art. 999 c.p.p. contiene la norma di chiusura del sistema, prevedendo che l’imputato possa sempre togliere effetto all’atto compiuto dal difensore, prima che il giudice abbia deciso.
Può allora concludersi che il secondo comma dell’art. 175 c.p.p. non dispone che l’istanza di restituzione in termini per proporre l’impugnazione della sentenza contumaciale di condanna debba essere formulata personalmente dall’imputato, né tantomeno da suo procuratore speciale.
Deve pertanto affermarsi il principio che la richiesta di restituzione nel termine per proporre l’impugnazione, regolata dal secondo comma dell’art. 175 c.p.p., può essere effettuata dal difensore di fiducia, ancorché sprovvisto di procura speciale.
L’ordinanza impugnata deve essere quindi annullata con rinvio alla Corte di Appello di Torino, che provvederà all’esame del merito.
P.Q.M.
La Corte annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Torino per nuovo esame.
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