La rassegna di dottrina e giurisprudenza del Corso nazionale di formazione specialistica dell'avvocato penalista organizzato dall'Unione delle Camere penali italiane in collaborazione con il Centro per la formazione e l'aggiornamento professionale degli avvocati del Consiglio Nazionale Forense.

28 settembre 2007

Cassazione penale Sentenza, Sez. VI, 14/09/2007, n. 34878:Concorso di persone nel reato, confisca e sequestro preventivo

Cassazione penale Sentenza, Sez. VI, 14/09/2007, n. 34878

Concorso di persone nel reato, confisca e sequestro preventivo

"In caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali può disporsi la confisca "per equivalente" di beni corrispondenti al prezzo o al profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione della confisca non può eccedere, per ciascuno dei concorrenti, la misura del prezzo o del profitto a lui attribuibile." Da Leggi d'Italia, Quotidiano giuridico.

Svolgimento del processo

1. P.S. ricorre per cassazione avverso la ordinanza in data 27.4.2007 del Tribunale di Genova che ha rigettato la richiesta di riesame presentata contro il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Genova il 6.3.2007 per l'importo di Euro 110.329,16 in funzione della potenziale confisca ex art. 322 ter c.p. relativamente alla imputazione di corruzione continuata, in concorso, in atti giudiziari ex art. 81 cpv c.p., artt. 110, 319, 319 ter, 321 c.p..

2. Il provvedimento impugnato dinanzi a questa Corte è stato emesso nell'ambito del procedimento nei confronti di P.S., F.L., F.G. e L.R. per l'ipotesi del reato di corruzione in atti giudiziali perchè il P., giudice delegato al concordato preventivo Sky Hotels Srl, agendo in concorso con la propria convivente F.L., accettava da F.G. - che si avvaleva della collaborazione di L.R. - la promessa di affidare alla F.L. incarichi poi effettivamente a lei affidati, con conseguenti relativi compensi, a fronte del compimento di atti contrari ai suoi doveri di ufficio finalizzati a favorire il F.G..

3. Con il primo motivo di ricorso si deduce la mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti.

Rilevato che l'atto contrario ai doveri di ufficio, oggetto del dolo specifico della corruzione sarebbe ravvisabile secondo il GUP nell'aggiudicazione dei beni del concordato Sky hotels srl ad un prezzo largamente inferiore al valore di mercato e, meglio ancora, nella fissazione di una vendita senza incanto dell'Hotel Sheraton ad un prezzo base largamente inferiore a quello risultante dalla perizia L., la difesa del P. sostiene che l'affermazione non trova riscontro negli atti di indagine e nel capo di imputazione, dal momento che il valore di L. 21.172.228.380, estrapolato dalla valutazione estimativa dell'ing. L., si riferisce all'intero patrimonio della Sky Hotels srl e non al solo Hotel Sheraton. Sotto altro profilo si ricorda che nel capo di imputazione si individua come altro polo di disvalore il provvedimento di concessione da parte della procedura fallimentare di un tasso di sconto per l'estinzione anticipata del debito della società aggiudicataria del bene immobile superiore al dovuto, con conseguente ingiustificato risparmio di spesa che risulta adottato da altro magistrato, il dott. R..

Al riguardo la difesa osserva che il Tribunale ha errato nel ritenere un post factum ininfluente e meramente formale la firme del provvedimento da parte del dott. R. (ritenendo che la condotta del reato fosse ravvisabile nelle pressioni esercitate dal P. affichè "passasse" la scelta di un tasso di sconto consono agli interessi del F.G.).

Aggiunge poi che, in un siffatto contesto, si è verificata la contestazione di una corruzione in atti giudiziali nonostante la mancanza di un intraneus la cui induzione in errore non è nemmeno ipotizzata in contestazione.

4. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) (mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione) e comunque erronea o falsa applicazione dell'art. 319 ter c.p.p. in relazione alla individuazione del tempus commissi delicti.

Dopo aver riportato il ragionamento svolto nella ordinanza sul momento consumativo del reato di corruzione ( momento rilevante ai fini che interessano in quanto l'operatività della speciale forma di sequestro per equivalente prevista dall'art. 321 c.p., comma 2 bis, è ancorata alla commissione del fatto dopo il (OMISSIS)) la difesa osserva che le argomentazioni svolte dal Tribunale costituiscono una patente deroga ai principi generali e sottolinea l'esistenza di una alternativa bloccata: o si valorizza il momento della promessa ed allora la confisca dei valori ex art. 322 ter c.p. è fuori gioco perchè la gran parte dei delitti prezzolati è antecedente al (OMISSIS) o si ritiene rilevante l'approfondimento dell'offesa tipica (e con esso il momento della dazione) e vi saranno tanto fatti corruttivi quante siano state le dazioni, con la conseguenza che la confisca per equivalente sarà limitata al tantundem delle dazioni successive al (OMISSIS).

5. Nel terzo motivo di ricorso ci si duole della violazione dell'art. 322 ter c.p., art. 321 c.p.p. in relazione all'art. 321 c.p. con riferimento al quantum da sottoporre a sequestro.

La tesi del Tribunale secondo cui è possibile sequestrare (anche se non confiscare) a ciascun concorrente nel reato somme corrispondenti all'intero importo del prezzo del reato ha l'effetto di conferire al sequestro preventivo uno spiccato carattere punitivo consentendo il sequestro di somme di gran lunga maggiori di quelle che potranno poi essere confiscate ed ignora che, in caso di pluralità di concorrenti, è possibile il prelievo dell'intero in capo ad uno qualsiasi dei concorrenti salvo il regresso nei confronti degli altri.

In sostanza anche nella fase del sequestro esiste il limite invalicabile del quantum confiscabile.

Le finalità preventive del sequestro in questione possono comunque essere assicurate attraverso il prelievo dell'intero in capo ad uno qualsiasi dei concorrenti mentre, in caso di pluralità di concorrenti, occorre distinguere tra il caso in cui il giudizio sia unitario e relativo ai concorrenti necessari (che non pone problemi atteso che la sentenza avrà lo stesso tenore, assolutorio o di condanna, per i concorrenti ) ed il caso di concorrenti ex art. 110 c.p. e di procedimenti separati nel quale è astrattamente ipotizzabile una diversa definizione dei relativi giudizi ( caso nel quale l'autorità giudiziaria potrà attingere dal patrimonio dei residui coimputati connessi o correi in modo da contemperare le finalità preventive della misura cautelare reale ed il diritto di proprietà dell'indagato o imputato).

Su questa base si chiede l'annullamento del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

1. In ordine al primo motivo di ricorso il collegio ricorda in premessa che l'ordinanza impugnata è stata emessa ai sensi dell'art. 324 c.p.p. e che pertanto contro di essa può essere proposto ricorso per cassazione solo per violazione di legge.

Sulla base della chiara lettera della legge processuale (art. 325 c.p.p., comma 1) le Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 5876 del 28.1.2004 hanno poi affermato che in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di "violazione di legge" rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e).

Consapevole di questo limite, la difesa di P.S. sostiene che l'ordinanza impugnata è priva di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus commissi delicti.

La doglianza non coglie nel segno perchè il Tribunale, con motivazione effettiva, che appare peraltro esente da vizi logici e da interne contraddizioni, ha rappresentato la sussistenza - alla luce delle complessive prospettazioni del pubblico ministero - dell'esercizio da parte del giudice P. nella gestione della procedura di concordato preventivo di un potere discrezionale non libero ma orientato dagli accordi corruttivi, mettendo in evidenza la coincidenza più che sospetta tra l'offerta formulata nell'interesse del F.G. ed il prezzo base fissato per lo svolgimento dell'asta, l'indifferenza del P. per le conclusioni del perito U. in ordine al maggior valore dei beni della procedura, nonchè le pressioni esercitate sul liquidatore giudiziale C. per indurlo ad accettare una proposta di estinzione anticipata del debito della srl Aurora favorevole a quest'ultima e non agli interessi della procedura stessa.

A fronte di siffatta "effettiva" motivazione - che ha dimostrato la configurabilità in astratto del reato di corruzione in atti giudiziali - il tentativo della difesa del P. di instaurare una sorta di anticipato giudizio sul merito (cioè sulla regolarità e correttezza sostanziale della procedura di aggiudicazione) incontra un duplice limite: quello derivante dalla proponibilità del ricorso per cassazione avverso il provvedimento impugnato solo per il vizio di violazione di legge e quello proprio di un controllo destinato a restare circoscritto alla astratta configurabilità del reato ipotizzato dall'accusa.

Ne consegue che le censure svolte nel primo motivo di ricorso sono da ritenere inammissibili in ragione del loro carattere di censure in fatto o di rilievi sulla tenuta logica della motivazione che non possono trovare ingresso in questa sede.

Il ragionamento sin qui svolto vale inoltre a far ritenere inammissibili anche i rilievi svolti sulla firma da parte di un altro giudice e non da parte del P., in quel momento in ferie, della autorizzazione del versamento anticipato del prezzo di acquisto, atteso che nella articolata impostazione accusatoria la procedura in questione risulta interamente governata ed influenzata dal P., a nulla rilevando la firma dell'atto finale da parte di un altro magistrato che lo ha sostituito per un singolo adempimento.

Il motivo di ricorso è perciò da considerare inammissibile.

2. E' poi da ritenere infondato il secondo motivo di ricorso imperniato sulla tesi della erronea o falsa applicazione dell'art. 319 ter c.p.p. in relazione alla individuazione del tempus commissi delicti.

Questa Corte ha più volte avuto modo di chiarire che il delitto di corruzione si configura come reato a duplice schema, principale e sussidiario. Secondo quello principale il reato viene commesso con due essenziali attività, strettamente legate fra loro e l'una funzionale all'altra: l'accettazione della promessa ed il ricevimento dell'utilità con il quale finisce per coincidere il momento consumativo, versandosi in un'ipotesi assimilabile a quella del reato progressivo. Secondo lo schema sussidiario, che si realizza quando la promessa non viene mantenuta, il reato si perfeziona con la sola accettazione della promessa (in questi termini, Cass. 6^, n. 5312 del 7.2.1996; vedi anche sulla stessa linea di pensiero Cass, 6^, n. 4300 del 19.3.1997; cfr., anche Cass. 6^, n. 2894 del 5.2.1998 secondo cui il reato di corruzione si consuma nel momento in cui viene raggiunto l'accordo, ma quando a questo segua la dazione effettiva del denaro e dell'utilità, il momento consumativo si sposta in avanti per coincidere con la dazione medesima). Sulla base di questo indirizzo interpretativo, il momento consumativo del reato ipotizzato a carico del P. e della F.L. deve essere individuato nel momento di percezione degli ultimi compensi, che nell'ordinanza impugnata viene collocato nell'anno 2003.

Ne deriva che è priva di fondamento la premessa posta a base del motivo di ricorso in esame e che perde di validità la conclusione che da quella premessa si pretendeva di trarre e cioè che al reato di corruzione ipotizzato non sarebbe applicabile la confisca per equivalente introdotta dalla L. n. 300 del 2000. 3. Del pari infondata è la doglianza svolta nel terzo motivo di ricorso con riferimento al quantum da sottoporre a sequestro.

Al riguardo il collegio ritiene di dover ribadire in premessa l'orientamento secondo cui, in caso di pluralità di indagati quali concorrenti in un medesimo reato compreso tra quelli per i quali, ai sensi dell'art. 322 ter c.p., può disporsi la confisca "per equivalente" di beni corrispondenti al prezzo o al profitto del reato, il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione della confisca non può eccedere per ciascuno dei concorrenti la misura della quota di prezzo o profitto a lui attribuibile (Cass., 6^, n. 25877 del 23.6.2006).

E'evidente però che nei casi in cui - in ragione dei rapporti personali od economici esistenti tra i concorrenti o della natura della fattispecie concreta - la quota di prezzo (o di profitto) attribuibile a ciascun concorrente non sia immediatamente individuata o individuabile a priori ma sia destinata ad essere accertata solo in fase di giudizio, le regole applicabili alla confisca ed al sequestro preventivo possono divergere.

Da un lato, infatti, la confisca per equivalente, adottata all'esito del giudizio e dell'accertamento delle responsabilità, dovrà comunque riguardare la quota di prezzo (o di profitto) effettivamente attribuibile al singolo concorrente o, nell'impossibilità di una esatta quantificazione, essere applicata per l'intero prezzo (o profitto) ma nel rispetto dei canoni della solidarietà interna tra i concorrenti (e cioè senza moltiplicare l'importo per il numero dei concorrenti). Dall'altro lato, anche il sequestro preventivo funzionale alla futura adozione della confisca potrà e dovrà essere circoscritto alla quota di prezzo (o di profitto) attribuibile al singolo concorrente qualora nella impostazione accusatoria tale quota sia già individuata o risulti chiaramente individuabile.

Solo laddove ciò non sia possibile (lo si ripete: in ragione dei rapporti personali od economici esistenti tra i concorrenti o della natura della fattispecie concreta) il sequestro preventivo proprio per restare "funzionale" alla futura confisca potrà essere adottato per l'intero importo del prezzo (o del profitto) nei confronti di ciascuno dei concorrenti in ragione del fatto che non risultano prevedibili nè la capienza economica dei diversi coimputati nè l'esito assolutorio o di condanna del giudizio nei loro confronti.

Nel caso in esame si versa appunto in quest'ultima ipotesi.

I rapporti personali di convivenza tra i concorrenti P. e F.L.; la individuazione della F.L. "come una sorta di adiecta solutionis causa" individuata dal pubblico ufficiale come destinataria delle utilità pattuite con l'asserito corruttore; le singolari modalità della corresponsione dei cospicui pagamenti in parte effettuati, in tesi accusatoria, per mano del coindagato L.R. ed in favore del P. che avrebbe poi girato il danaro alla F.L. sono altrettanti elementi che attestano l'impossibilità di individuare a priori la quota del prezzo della ipotizzata corruzione in atti giudiziari attribuibile a ciascuno di loro e giustificano l'adozione di provvedimenti di sequestro per l'intero importo del prezzo nei confronti di ciascuno di essi in vista della eventuale futura confisca del prezzo, destinata ad avvenire o in termini differenziati tra i concorrenti o in solido (e quindi senza duplicazione dell'importo da confiscare).

E' quindi corretta l'impostazione seguita nell'ordinanza impugnata che - dopo aver distinto il regime della confisca per equivalente e quello del sequestro preventivo ad essa finalizzata - ha giustificato il sequestro del prezzo della corruzione tanto nei confronti del P. quanto nei confronti della F.L..

4. Il ricorso va pertanto respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 luglio 2007.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2007

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