Il giudice dell'udienza preliminare ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza, 24 luglio 2007, n. 30001
SEZIONE IV PENALE
Sentenza, 24 luglio 2007, n. 30001
1) Il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Torre Annunziata, con sentenza in data 26 settembre 2006, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di T.D. in ordine al delitto di omicidio colposo in danno di P. P. deceduto in (OMISSIS) a seguito di un incidente stradale.
Il giudice di merito ha ricostruito l'incidente pervenendo alla conclusione che l'imputato, un cittadino albanese che si trovava alla guida di un autoarticolato, fosse esente da responsabilità in merito al verificarsi dell'incidente. Secondo la sentenza impugnata il veicolo condotto dall'imputato si era violentemente scontrato con l'autovettura condotta da P. perchè questi, per cause non conosciute, aveva perso il controllo del veicolo ed aveva invaso la corsia opposta percorsa da T. provocando un urto dalle gravissime conseguenze.
Il giudice di merito ha ricostruito l'incidente pervenendo alla conclusione che l'imputato, un cittadino albanese che si trovava alla guida di un autoarticolato, fosse esente da responsabilità in merito al verificarsi dell'incidente. Secondo la sentenza impugnata il veicolo condotto dall'imputato si era violentemente scontrato con l'autovettura condotta da P. perchè questi, per cause non conosciute, aveva perso il controllo del veicolo ed aveva invaso la corsia opposta percorsa da T. provocando un urto dalle gravissime conseguenze.
Nella vicenda si erano inserite poi iniziative "anomale" perchè T. - dopo avere inizialmente riferito alla polizia giudiziaria che egli si trovava alla guida dell'autoarticolato al momento dell'incidente e che ne aveva perso il controllo a seguito dell'urto con un oggetto di grosse dimensioni finito contro il parabrezza - aveva poi cambiato versione sostenendo che alla guida del veicolo si trovava un suo connazionale (A.K.) che aveva confermato questa versione.
Il Giudice non ha ritenuto credibile questa seconda versione e l'ha ricollegata alla circostanza che mentre A. aveva all'epoca il permesso di soggiorno T. ne era privo. E ha ritenuto che la ricostruzione dell'incidente fosse quella già in precedenza sintetizzata perchè confermata dalla presenza di tracce di frenatura dell'autoarticolato che si trovavano all'interno della corsia da questo mezzo percorsa.
2) Contro questa sentenza hanno proposto ricorso sia le parti civili (L.L., P.S., P.F., PA. F. e P.G.) che il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Napoli.
Le parti civili, con il primo motivo di ricorso, denunziano la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe affermato in maniera apodittica che il violento urto era avvenuto nella corsia percorsa dall'autocarro; le fotografie scattate dalla polizia stradale dimostrerebbero invece che l'incidente si è verificato proprio secondo la primitiva ricostruzione di T. perchè le tracce lasciate sull'asfalto provano che il veicolo che le ha lasciate stava deviando verso sinistra e quindi verso la corsia dell'opposto senso di marcia. Il giudice sarebbe dunque incorso in un palese travisamento del fatto, vizio che i ricorrenti affermano essere deducibile in sede di legittimità.
Parimenti illogica e contraddittoria sarebbe l'affermazione del giudice di merito secondo cui la presenza di entrambi veicoli - dopo che avevano assunto la posizione di quiete - nella corsia percorsa dall'autovettura sarebbe giustificata da un effetto di "trascinamento" perchè questa ricostruzione si pone in contrasto con la totale assenza di segni di scarrocciamento o altro sul manto stradale. Quanto alla velocità (non potuta accertare con precisione per la "sparizione" del disco registratore) non poteva certamente essere moderata e rispettosa dei limiti tenuto conto delle devastanti conseguenze dell'incidente.
Con il secondo motivo di ricorso si deducono il vizio di motivazione e quello di violazione di legge perchè il pubblico ministero - la cui richiesta di archiviazione era stata respinta dal Gip - avrebbe omesso di compiere uno degli atti che il giudice aveva indicato, il confronto tra T. e A., peraltro inammissibilmente assistiti, nell'interrogatorio, dallo stesso difensore e senza che il giudice dell'udienza preliminare ritenesse di ovviare a questa lacuna istruttoria.
3) Il Procuratore generale, con il ricorso da lui proposto, deduce anzitutto il vizio di mancanza di motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe fondato la sua ricostruzione sulla presenza dei solchi nella sede stradale senza spiegare le ragioni idonee a confermare che questi solchi erano riconducibili al sinistro in esame, quale ne fosse stata la causa e senza accertare il punto di impatto tra i due veicoli.
Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe ritenuto per una parte attendibili le prime dichiarazioni dell'imputato (sulla circostanza che egli si trovava alla guida) per poi ritenere inattendibili le medesime sulle modalità dell'incidente.
Infine, con il terzo motivo di ricorso, si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva (una "consulenza tecnica") che avrebbe consentito una ricostruzione più attendibile dell'incidente e di accertare la riferibilità al medesimo delle tracce sull'asfalto, il punto d'urto e la velocità dell'autoarticolato.
4) Prima di affrontare le ragioni poste a fondamento delle impugnazione proposte è necessario svolgere alcune considerazioni sulla natura e sull'inquadramento sistematico della sentenza di non luogo a procedere pronunziata all'esito dell'udienza preliminare.
E' nota l'evoluzione legislativa verificatasi su questo tema negli anni successivi all'approvazione del nuovo codice di procedura penale.
L'udienza preliminare nasce con funzione di filtro per evitare i dibattimenti inutili ma le maglie di questo filtro erano talmente larghe che in realtà nella versione originaria del codice - con la previsione che la sentenza di non luogo a procedere doveva essere pronunziata "quando risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso" ecc. - questa funzione non poteva essere convenientemente svolta; con la singolare anomalia che la sentenza di n.l.p. doveva ritenersi preclusa quando era invece ammessa l'archiviazione. Insomma questa sentenza era consentita solo quando evidente era l'innocenza dell'imputato.
La situazione cambia con l'approvazione della L. 8 aprile 1993, n. 105 il cui art. 1 elimina l'aggettivo "evidente" con ciò introducendo una diversa regola di giudizio che rende maggiormente efficace la funzione di filtro che, dopo la modifica, non rimane ancorata a quel vincolo così rigido consentendo la conclusione in questione dell'udienza preliminare anche nel caso in cui non esista quell'evidenza dell'innocenza richiesta dalla precedente normativa.
Pur in un profondo mutamento della struttura e della disciplina dell'udienza preliminare (soprattutto con l'ampliamento dei poteri istruttori del giudice: si veda in particolare la modifica dell'art. 422) la L. 16 dicembre 1999, n. 479, all'art. 23 comma 1, che modifica l'art. 425 c.p.p. , non muta sostanzialmente la regola di giudizio finale dell'udienza preliminare; la sentenza di non luogo a procedere deve essere pronunziata, in buona sostanza, in presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l'entrata in vigore della L. n. 105 del 1993 . 5) All'esito di queste profonde modificazioni non può peraltro ritenersi - pur essendo mutata la regola di giudizio - che l'udienza preliminare abbia subito una modifica della sua originaria natura che era e resta (prevalentemente) di natura processuale e non di merito.
E' vero che le modifiche riassuntivamente riportate hanno conferito all'udienza preliminare aspetti più significativi relativi al merito dell'azione penale - in particolare per l'ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova (il vecchio testo della rubrica dell'art. 422 c.p.p. parlava di sommarie informazioni; adesso di integrazione probatoria) - ma è altrettanto vero che identico è rimasto lo scopo cui l'udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l'imputato è colpevole o innocente.
Non è ovviamente irrilevante se, all'udienza preliminare, emergono prove che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all'assoluzione dell'imputato ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell'udienza preliminare, pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti.
Insomma il quadro probatorio e valutativo delineatosi all'udienza preliminare deve essere ragionevolmente ritenuto immutabile: in questo senso va intesa la qualificazione della sentenza di n.l.p. come sentenza di natura processuale.
Il giudice dell'udienza preliminare dunque ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione.
Non contrasta con questa ricostruzione il tenore del nuovo terzo comma dell'art. 425 c.p.p. che prevede la pronunzia della sentenza di n.l.p. "anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio". La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'art. 530 c.p.p. - conferma infatti quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l'innocenza ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma la situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio.
Questo giudizio prognostico vale sia per l'ipotesi dell'insufficienza che per quella della contraddittorietà: queste caratteristiche legittimeranno la pronunzia della sentenza di n.l.p. solo se appariranno non superabili nel giudizio.
In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Come è stato affermato in dottrina "sfuggono all'epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza del panorama d'accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento".
Quello indicato è del resto l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che, dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati (si vedano in questo senso Cass., sez. 6^, 16 novembre 2001 n. 42275, Acampora, rv. 221303; 6 aprile 2000 n. 1662, Pacifico, rv.
220751) del resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale (v. sentenza 15 marzo 1996 n. 71 che così si esprime su questo punto: "l'apprezzamento del merito che il giudice è chiamato a compiere all'esito della udienza preliminare non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento: la sentenza di non luogo a procedere, dunque, era e resta, anche dopo le modifiche subite dall'art. 425 c.p.p., una sentenza di tipo processuale, destinata null'altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero". 6) L'esame della sentenza impugnata dimostra che il giudice di merito non si è attenuto ai principi indicati.
Il giudice dell'udienza preliminare - a fronte di diverse opzioni sia sulla identificazione del conducente che sulle modalità di verificazione del sinistro - poteva infatti ricostruire l'incidente secondo le modalità già descritte ma per poter pronunziare la sentenza di non luogo a procedere avrebbe dovuto formulare una motivata valutazione prognostica sull'impossibilità che, nel dibattimento, si pervenisse ad una diversa ricostruzione dell'incidente nella quale fosse possibile individuare una condotta colposa dell'imputato con influenza causale sul verificarsi dell'evento.
Quest'obbligo derivava in particolare dalla circostanza che l'imputato aveva in un primo momento, subito dopo l'incidente, fornito una ricostruzione del medesimo non incompatibile con la versione delle parti civili avendo riferito alla polizia stradale di aver perso il controllo dell'autoarticolato da lui condotto dopo che un oggetto di grandi dimensioni aveva colpito il parabrezza del veicolo. Mentre la ricostruzione poi accolta dalla sentenza impugnata fa riferimento a dichiarazioni rese da un terzo che non solo il giudice ritiene aver mentito sulla circostanza di essersi trovato alla guida del grosso veicolo ma che neppure è certo si trovasse a bordo del medesimo.
E' vero poi che la ricostruzione accolta dal giudice per le indagini preliminari è quella ritenuta attendibile, in un secondo tempo, dalla polizia stradale ma è altrettanto vero che questa ricostruzione è avvenuta - stando al testo della sentenza impugnata - tenendo esclusivo conto delle tracce rinvenute sull'asfalto che, al di là della censura di equivocità denunziata dalla parte civile (censura inammissibile in questa sede perchè attinente al merito del processo) sicuramente non risulta corroborata da un'indagine appropriata sulla riferibilità delle tracce di frenata al veicolo condotto dall'imputato e all'incidente di cui trattasi.
Si aggiunga che le caratteristiche di gravità e complessità dell'incidente ben avrebbero potuto far ritenere al giudice del dibattimento che fosse necessario disporre un accertamento peritaleidoneo a meglio chiarire la dinamica dell'incidente conclusosi - quanto alla posizione finale statica dei veicoli - con la presenza dell'autoarticolato condotto dall'imputato nella corsia di percorrenza dell'autovettura.
7) In questa situazione la valutazione prognostica effettuata dal giudice nella sentenza impugnata su un'asserita insufficienza delle prove acquisite a sostenere l'accusa in dibattimento appare immotivata e nella sostanza costituisce una clausola di stile che non spiega adeguatamente - pur trattandosi di soluzione plausibile - le ragioni per cui il quadro probatorio sarebbe immodificabile in dibattimento.
I ricorsi devono dunque essere accolti con l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio al Tribunale di Torre Annunziata per l'ulteriore corso.
Le parti civili, con il primo motivo di ricorso, denunziano la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe affermato in maniera apodittica che il violento urto era avvenuto nella corsia percorsa dall'autocarro; le fotografie scattate dalla polizia stradale dimostrerebbero invece che l'incidente si è verificato proprio secondo la primitiva ricostruzione di T. perchè le tracce lasciate sull'asfalto provano che il veicolo che le ha lasciate stava deviando verso sinistra e quindi verso la corsia dell'opposto senso di marcia. Il giudice sarebbe dunque incorso in un palese travisamento del fatto, vizio che i ricorrenti affermano essere deducibile in sede di legittimità.
Parimenti illogica e contraddittoria sarebbe l'affermazione del giudice di merito secondo cui la presenza di entrambi veicoli - dopo che avevano assunto la posizione di quiete - nella corsia percorsa dall'autovettura sarebbe giustificata da un effetto di "trascinamento" perchè questa ricostruzione si pone in contrasto con la totale assenza di segni di scarrocciamento o altro sul manto stradale. Quanto alla velocità (non potuta accertare con precisione per la "sparizione" del disco registratore) non poteva certamente essere moderata e rispettosa dei limiti tenuto conto delle devastanti conseguenze dell'incidente.
Con il secondo motivo di ricorso si deducono il vizio di motivazione e quello di violazione di legge perchè il pubblico ministero - la cui richiesta di archiviazione era stata respinta dal Gip - avrebbe omesso di compiere uno degli atti che il giudice aveva indicato, il confronto tra T. e A., peraltro inammissibilmente assistiti, nell'interrogatorio, dallo stesso difensore e senza che il giudice dell'udienza preliminare ritenesse di ovviare a questa lacuna istruttoria.
3) Il Procuratore generale, con il ricorso da lui proposto, deduce anzitutto il vizio di mancanza di motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe fondato la sua ricostruzione sulla presenza dei solchi nella sede stradale senza spiegare le ragioni idonee a confermare che questi solchi erano riconducibili al sinistro in esame, quale ne fosse stata la causa e senza accertare il punto di impatto tra i due veicoli.
Con il secondo motivo si deduce la manifesta illogicità della motivazione perchè la sentenza impugnata avrebbe ritenuto per una parte attendibili le prime dichiarazioni dell'imputato (sulla circostanza che egli si trovava alla guida) per poi ritenere inattendibili le medesime sulle modalità dell'incidente.
Infine, con il terzo motivo di ricorso, si deduce la mancata assunzione di una prova decisiva (una "consulenza tecnica") che avrebbe consentito una ricostruzione più attendibile dell'incidente e di accertare la riferibilità al medesimo delle tracce sull'asfalto, il punto d'urto e la velocità dell'autoarticolato.
4) Prima di affrontare le ragioni poste a fondamento delle impugnazione proposte è necessario svolgere alcune considerazioni sulla natura e sull'inquadramento sistematico della sentenza di non luogo a procedere pronunziata all'esito dell'udienza preliminare.
E' nota l'evoluzione legislativa verificatasi su questo tema negli anni successivi all'approvazione del nuovo codice di procedura penale.
L'udienza preliminare nasce con funzione di filtro per evitare i dibattimenti inutili ma le maglie di questo filtro erano talmente larghe che in realtà nella versione originaria del codice - con la previsione che la sentenza di non luogo a procedere doveva essere pronunziata "quando risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso" ecc. - questa funzione non poteva essere convenientemente svolta; con la singolare anomalia che la sentenza di n.l.p. doveva ritenersi preclusa quando era invece ammessa l'archiviazione. Insomma questa sentenza era consentita solo quando evidente era l'innocenza dell'imputato.
La situazione cambia con l'approvazione della L. 8 aprile 1993, n. 105 il cui art. 1 elimina l'aggettivo "evidente" con ciò introducendo una diversa regola di giudizio che rende maggiormente efficace la funzione di filtro che, dopo la modifica, non rimane ancorata a quel vincolo così rigido consentendo la conclusione in questione dell'udienza preliminare anche nel caso in cui non esista quell'evidenza dell'innocenza richiesta dalla precedente normativa.
Pur in un profondo mutamento della struttura e della disciplina dell'udienza preliminare (soprattutto con l'ampliamento dei poteri istruttori del giudice: si veda in particolare la modifica dell'art. 422) la L. 16 dicembre 1999, n. 479, all'art. 23 comma 1, che modifica l'art. 425 c.p.p. , non muta sostanzialmente la regola di giudizio finale dell'udienza preliminare; la sentenza di non luogo a procedere deve essere pronunziata, in buona sostanza, in presenza dei medesimi presupposti previsti dopo l'entrata in vigore della L. n. 105 del 1993 . 5) All'esito di queste profonde modificazioni non può peraltro ritenersi - pur essendo mutata la regola di giudizio - che l'udienza preliminare abbia subito una modifica della sua originaria natura che era e resta (prevalentemente) di natura processuale e non di merito.
E' vero che le modifiche riassuntivamente riportate hanno conferito all'udienza preliminare aspetti più significativi relativi al merito dell'azione penale - in particolare per l'ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova (il vecchio testo della rubrica dell'art. 422 c.p.p. parlava di sommarie informazioni; adesso di integrazione probatoria) - ma è altrettanto vero che identico è rimasto lo scopo cui l'udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l'imputato è colpevole o innocente.
Non è ovviamente irrilevante se, all'udienza preliminare, emergono prove che, in dibattimento, potrebbero ragionevolmente condurre all'assoluzione dell'imputato ma il proscioglimento deve essere, dal giudice dell'udienza preliminare, pronunziato solo se ed in quanto questa situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti.
Insomma il quadro probatorio e valutativo delineatosi all'udienza preliminare deve essere ragionevolmente ritenuto immutabile: in questo senso va intesa la qualificazione della sentenza di n.l.p. come sentenza di natura processuale.
Il giudice dell'udienza preliminare dunque ha il potere di pronunziare la sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione.
Non contrasta con questa ricostruzione il tenore del nuovo terzo comma dell'art. 425 c.p.p. che prevede la pronunzia della sentenza di n.l.p. "anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio". La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'art. 530 c.p.p. - conferma infatti quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l'innocenza ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono quindi avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma la situazione non deve poter essere considerata suscettibile di chiarimenti o sviluppi nel giudizio.
Questo giudizio prognostico vale sia per l'ipotesi dell'insufficienza che per quella della contraddittorietà: queste caratteristiche legittimeranno la pronunzia della sentenza di n.l.p. solo se appariranno non superabili nel giudizio.
In conclusione, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. Come è stato affermato in dottrina "sfuggono all'epilogo risolutivo i casi nei quali, pur rilevando incertezze, la parziale consistenza del panorama d'accusa è suscettibile di essere migliorata al dibattimento".
Quello indicato è del resto l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che, dopo la riforma del 1999, ha ribadito i principi indicati (si vedano in questo senso Cass., sez. 6^, 16 novembre 2001 n. 42275, Acampora, rv. 221303; 6 aprile 2000 n. 1662, Pacifico, rv.
220751) del resto, in precedenza, fatti propri anche dalla Corte costituzionale (v. sentenza 15 marzo 1996 n. 71 che così si esprime su questo punto: "l'apprezzamento del merito che il giudice è chiamato a compiere all'esito della udienza preliminare non si sviluppa, infatti, secondo un canone, sia pur prognostico, di colpevolezza o di innocenza, ma si incentra sulla ben diversa prospettiva di delibare se, nel caso di specie, risulti o meno necessario dare ingresso alla successiva fase del dibattimento: la sentenza di non luogo a procedere, dunque, era e resta, anche dopo le modifiche subite dall'art. 425 c.p.p., una sentenza di tipo processuale, destinata null'altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal pubblico ministero". 6) L'esame della sentenza impugnata dimostra che il giudice di merito non si è attenuto ai principi indicati.
Il giudice dell'udienza preliminare - a fronte di diverse opzioni sia sulla identificazione del conducente che sulle modalità di verificazione del sinistro - poteva infatti ricostruire l'incidente secondo le modalità già descritte ma per poter pronunziare la sentenza di non luogo a procedere avrebbe dovuto formulare una motivata valutazione prognostica sull'impossibilità che, nel dibattimento, si pervenisse ad una diversa ricostruzione dell'incidente nella quale fosse possibile individuare una condotta colposa dell'imputato con influenza causale sul verificarsi dell'evento.
Quest'obbligo derivava in particolare dalla circostanza che l'imputato aveva in un primo momento, subito dopo l'incidente, fornito una ricostruzione del medesimo non incompatibile con la versione delle parti civili avendo riferito alla polizia stradale di aver perso il controllo dell'autoarticolato da lui condotto dopo che un oggetto di grandi dimensioni aveva colpito il parabrezza del veicolo. Mentre la ricostruzione poi accolta dalla sentenza impugnata fa riferimento a dichiarazioni rese da un terzo che non solo il giudice ritiene aver mentito sulla circostanza di essersi trovato alla guida del grosso veicolo ma che neppure è certo si trovasse a bordo del medesimo.
E' vero poi che la ricostruzione accolta dal giudice per le indagini preliminari è quella ritenuta attendibile, in un secondo tempo, dalla polizia stradale ma è altrettanto vero che questa ricostruzione è avvenuta - stando al testo della sentenza impugnata - tenendo esclusivo conto delle tracce rinvenute sull'asfalto che, al di là della censura di equivocità denunziata dalla parte civile (censura inammissibile in questa sede perchè attinente al merito del processo) sicuramente non risulta corroborata da un'indagine appropriata sulla riferibilità delle tracce di frenata al veicolo condotto dall'imputato e all'incidente di cui trattasi.
Si aggiunga che le caratteristiche di gravità e complessità dell'incidente ben avrebbero potuto far ritenere al giudice del dibattimento che fosse necessario disporre un accertamento peritaleidoneo a meglio chiarire la dinamica dell'incidente conclusosi - quanto alla posizione finale statica dei veicoli - con la presenza dell'autoarticolato condotto dall'imputato nella corsia di percorrenza dell'autovettura.
7) In questa situazione la valutazione prognostica effettuata dal giudice nella sentenza impugnata su un'asserita insufficienza delle prove acquisite a sostenere l'accusa in dibattimento appare immotivata e nella sostanza costituisce una clausola di stile che non spiega adeguatamente - pur trattandosi di soluzione plausibile - le ragioni per cui il quadro probatorio sarebbe immodificabile in dibattimento.
I ricorsi devono dunque essere accolti con l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio al Tribunale di Torre Annunziata per l'ulteriore corso.
P.Q.M.
la Corte Suprema di Cassazione, Sezione 4 penale, annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Torre Annunziata.
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